Ogni mattina prendo il bus dalla periferia della città di Bologna in direzione del centro-città per recarmi al lavoro.
Ogni mattina vorrei non usare il bus, ma la bicicletta, ma l'inverno è stato lungo e duro e non ho potuto usare il mio mezzo preferito.
In bici mi sento sempre libero, non un impotente passeggero, peso morto trasportato e sballottato, e sempre in attesa: prima dell'arrivo dell'autobus, poi in attesa della fermata di destinazione... mai padrone di me stesso in ogni momento, in ogni istante.
In bici mi sento libero di scegliere la mia destinazione e di variarla in ogni momento e anche di contravvenire a divieti e regolamenti.
Mi sento libero e in contatto con il mio corpo, un dialogo che inizia appena sveglio, lo sento ancora desideroso di riposo, ancora lento ed intorpidito, lo sento variare ogni giorno: "oggi sono più in forma di ieri", oppure "oggi non vado per niente, non ho forza", allora in questo caso mi lascio scivolare senza spingere... e arriverò ugualmente a destinazione.
Un dialogo nel quale mi rivolgo al mio corpo "dandogli del Tu", non mi rivolgo a "lui" in prima persona, perchè io non ho il controllo totale su di "lui", allora in segno di rispetto, ma anche di intimità, mi rivolgo a lui amichevolmente: "Ciao, come va, come stai oggi? Un po' stanco, vero?"
Una lunga amicizia che è nata ormai 25 anni fa, quando ormai adulto ho compreso quanto sia necessaria, innegabile, imprescindibile, inelluttabile questa "relazione"...Ma anche il "viaggio" in autobus può essere un viaggio di relazione, ancora una volta col mio corpo (e allora da quando salgo a quando arrivo rimango in piedi e cerco di sostenermi il meno possibile e di molleggiare con le ginocchia), ma anche inevitabilmente con "gli altri".
É così che ho scoperto i ragazzi che vanno a scuola.
Salgono con la loro "uniforme" (sempre gli adolescenti hanno scelto un gruppo di riferimento, un modo di vestire, conportarsi, atteggiarsi conforme a questo gruppo) e le "cuffiette" già saldamente piantate dentro le orecchie (dette anche headphones o auricolari).
Fin dall'inizio (io che ho una certa età mi ricordo i primi walkman a cassetta) le cuffie portatili sono sempre state oggetto di critica se non di aperta opposizione soprattutto da parte degli adulti verso i ragazzi, ma di questo non mi importa.
Quello che mi stupisce è il livello energetico dei ragazzi, la loro voglia di vivere, il loro entusiasmo alla mattina, con quale vitalità iniziano una loro qualunque giornata di Vita.
In questo momento un pensiero mi passa per la mente: ma chi ha insegnato loro questo stile di vita, i loro genitori che li hanno nutriti con il loro amore fin dalla nascita?
Li guardo, li osservo, come si fiondano sul primo posto libero senza guardare ne a destra e ne a sinistra, senza interagire più con l'ambiente (quello reale, non quello virtuale di un francobollo di schermo), ovviamente nessun raggrinzito anziano traballante può attirare la loro attenzione, semplicemente non esiste nulla al di fuori del suono generato dagli auricolari, che sfonda ogni resistenza, che strabordante si riversa sull'ambiente esterno come un fastidioso squittio: incomprensibili e sibilanti trebble.
Rapporto col corpo? Quale corpo? E chi ha cercato di educare i ragazzi che il corpo non è solo performance sportiva o oggetto da esibire, ma anche e soprattutto un rapporto?
Se ne stanno addormentati e gettati sugli scomodi sedili del bus, possibilmente nascosti dai capelli o dalla visiera del cappello o con lo sguardo assente all'infinito, senza alcun sorriso, già smaliziati, dissillusi, o meglio dis-entusiasmati fino dal mattino, fin dall'alba della loro vita.
Rapporto con l'ambiente? Quale ambiente? Che tipo di rapporto può avere un ragazzo con l'ambiente, visto che nessun potere può esercitare su di esso? I ragazzi devono essere buoni consumatori e basta! Oramai non esiste nemmeno la protesta, la rivolta, la violenza dei ragazzi che vogliono entrare nel mondo, ma non ne condividono le regole... l'unica forma di potere dei giovani si è sempre basata sulla loro energia e strabordante vitalità! Ma ormai tutto questo è materia di storia sui loro libri scolastici.
Rapporto con gli altri? Quali altri? Nonostante la Pegagogia abbia fatto passi importanti, cosa è cambiato nel contatto con gli adulti, insegnanti, genitori, allenatori, estranei, ecc? Agli altri ci si riferisce parlando del "problema sicurezza e ordine pubblico", gli altri sono altro-da-se-stessi e basta! Estranei e pericolosi.
Nemmeno quella ragazzina carina attira il loro sguardo per più di un secondo! Cazzo, se fossi giovane e bello come loro, la stupida-scatolina-lettore-mp3 la pesterei con un piede o la regalerei a lei, in cambio di un sorriso!
Sono così arrabbiato con loro.... come se avessero colpa... come se fossero veramente responsabili della loro situazione...
Ma come sarà il futuro, se loro saranno il nostro futuro?
É così che il mondo degli adulti sta pensando e preparando il futuro?

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